Non sanno

Gli uomini “non sanno quello che fanno”; sono parole evangeliche con le quali essi vengono giustificati e perdonati. Ma questa ignoranza fa paura, perché fa innocentemente strage di innocenti; e perché spesso chi non sa crede di sapere.
Gli specialisti, ad esempio, sanno una cosa, ma non sanno collocare quel che fanno all’interno di una complessità… Non possono calcolare le conseguenze delle loro azioni sapienti. Perciò è detto che “non sanno quello che fanno“.

La scienza del fare consiste infatti nella visione dei processi globali all’interno dei quali l’azione si immette, per corroborarli (o esserne corroborata), o per deviarne gli esiti indesiderati; richiede dunque, più che sapienza, conoscenza; la quale è contemplativa e complessiva, panoramica.
La conoscenza è la modalità stessa del “fare senza fare”, perché chi osserva, lo fa sempre attivamente ed è l’elemento che concretizza la visione stessa, la rende “reale”. La “fa”.
In buona sostanza la conoscenza è conoscenza di sé in quanto visionario, è capacità di porsi nella visione come autore di essa consapevole e volitivo, senza peraltro “immaginarla”. Difficile, ma chi ha questa facoltà non si cura delle interferenze degli specialisti, perché le considera nel contesto della globalità della visione, come semplici elementi di essa.

In questo momento è assolutamente necessario che questa forma di conoscenza attiva si sovrapponga alla sapienza scientifica e specialistica; lo dovrà fare e lo fa, anche se in modo invisibile. I destini del cosmo non sono necessariamente i destini specifici dell’umanità… potrebbero non coincidere; ma il cosmo (il Tutto ordinato) piegherà alle proprie necessità di armonia ogni destino dei propri singoli elementi costitutivi, perché “la nuova fase” lo esige.

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