Essenza ed Assenza

L’Essenza ha un potere ordinatore; è di Luce e la luce è messaggero di ordine e creatore di relazioni armoniche. L’armonia è stabilità “mediante fluttuazioni”, generata da “stringhe” vibranti entro un certo range, il che le rende elastiche e capaci di mantenere armonia anche in caso di variazioni.
La vita scaturisce da questa organizzazione e dunque l’Essenza non ne fa parte: la determina dall’interno, la proietta all’esterno in relazioni tra strutture armoniche, ma non ne fa parte.
La vita organica può riprodursi emulando una struttura armonica grazie a una memoria organizzativa intrinseca dei componenti anche in assenza dell’elemento ordinante: l’Essenza può esserne assente. In questo caso l’ordine armonico è precario e non si sostiene a lungo.
Quando un Ente (chiamiamo così un individuo la cui Essenza sia accesa e consapevole di sé, dunque libera) permane all’interno di una comunità costituita da individui nei quali l’Essenza è assente, ne diventa elemento ordinatore e consente la vita armonica di quella comunità, finché non se ne allontana. Se lo fa, la comunità degenera e subisce rapidamente le leggi dell’entropia. A meno che l’Ente non abbia acceso un altro potenziale Ente all’interno di essa, a propria sostituzione.

Specularmente, chi appartiene a una comunità che potremmo definire “organizzata nella Luce”, con al proprio centro un Ente, ha facoltà intanto di avvicinarsi o allontanarsi; e poi può appartenere alla genìa di quanti sono individualmente aggregati attorno alla propria Essenza, o a quella di coloro in cui l’Essenza è assente.
Tra i primi, chi si avvicina ha la possibilità di essere acceso (abbiamo altrove usato la metafora della candela spenta che si accende avvicinandosi a quella accesa), diventando a propria volta Ente e continuatore.
Naturalmente è possibile che vi siano diversi Enti continuatori e che essi possano migrare a costituire nuovi nuclei comunitari con la stessa struttura e governati dalle stesse leggi intrinseche, ed eterne. Ma è tristemente possibile che alcuni potenziali Enti rimangano intrappolati nel ciclo della generazione, come lo furono gli angeli caduti di cui parla Enoch; innamorati delle figlie degli uomini, e dei loro figli… figli però resi, dal loro cedimento, figli delle donne, e quindi dell’umanità, più che loro.
La libertà si ottiene con atti eroici, e l’amore umano è troppo dolce per essere eroico. L’amore divino lo è perché è levigato, freddo e trionfante come una lama di Toledo; è sensualmente arido.

Tutto questo descrive, per sommi capi, la struttura e la dinamica di una comunità spirituale consapevole di essere tale; ma in qualsiasi comunità vige la stessa legge, anche quando – e capita così spesso che ci si avvicina al sempre – non vi è alcuna consapevolezza dell’esistenza stessa di questa struttura. L’uomo storicizza i fenomeni, non vede mai il noumeno.
Ma non intendiamo dire che ogni comunità per aggregarsi ha bisogno di un Ente che la “ordini”; piuttosto che ogni comunità o ha un Ente che la ordina, oppure soccombe rapidamente alle leggi fisiche dell’entropia.
E ognuno poi dovrebbe considerare se stesso alla stessa stregua della comunità di cui parliamo, perché “come in alto, così in basso”, come nel cosmo così nell’individuo: dovrebbe cercare in sé la propria Essenza attorno alla quale aggregarsi armonicamente.
Se non c’è, non c’è.

Gloria alla Luce.

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